Obsesión

Vivi anni, tanti che ormai hai perso il conto, cercando una gravidanza. Il pensiero che potresti non sapere mai come sia la faccia di tuo figlio, ti martella in testa come il ritornello di una hit estiva. Latino americana.

No, no es amor

Lo que tú sientes se llama obsesión

Una ilusión en tu pensamiento

Que te hace hacer cosas

Así funciona el corazón

Le tue giornate hanno tutte lo stesso gusto un po’ amaro di cose perdute. Tu e la tua diagnosi di infertilità (o, peggio, tu e la tua situazione “sine causa”) convivete da così tanto tempo che ormai vi sostenete a vicenda.

Lei ti tiene sempre in tirella. Se ti vuoi riposare e fermare un attimo a riprendere fiato la tua infertilità, il tuo problema, la tua croce, ti fa toc toc sulla spalla. Hei, ti sussurra, forza che devi ancora fare quel duecentosessantesimo tampone! Forza! Che abbiamo la decima isteroscopia eh! Se la facciamo ci regalano in omaggio un mese di lavaggi endometriali! Altro che week end alle terme! Vuoi mettere?

Insomma dopo aver affrontato incalcolabili, tanto numericamente quanto economicamente, esami, terapie, stimolazioni, pick up e transfer, e ancora e ancora, in una spirale senza capo né coda, tu sei diventata quella cosa lì.

Tu sei il tuo problema. Lo sei per te e lo sei anche un po’ per gli altri.

Tu vivi in funzione della tua infertilità.

Lei non ti da niente e tu le dai tutto.

Le dai i tuoi anni, quelli belli, quelli in cui dovresti goderti al massimo la vita di coppia perché siete ancora dei giovanotti, o meglio, lo eravate quando tutto questo è iniziato. Adesso siete vicini alla mezza età e siete stanchi, così stanchi da non riuscire a ricordare nemmeno come si faceva a essere felici, felici davvero.

Le dai il tuo tempo, ipotechi quello lavorativo e pure quello libero. Cerchi continuamente di capire cosa ti conviene fare sul lavoro per riuscire a sottoporti all’ennesima visita a duecento chilometri da casa, se prendere malattia, permesso, ferie, sasso, carta, forbice! Pure le ferie le devi incastrare nei tempi giusti, tra una stimolazione ormonale e un prelievo ovocitario. Ma ste benedette punture me le faranno imbarcare nel bagaglio a mano? Ma devono stare in frigo? E come facciamo a partire? Non partiamo, dai, sarà per un’altra volta.

Le dai tutti i tuoi sogni. Sì, perché di sogno te ne è rimasto uno solo e tutto quel che fai lo fai in funzione di quell’unico sogno. Hai smesso di bere, di fumare, di mangiare junk food, di divertirti sul serio.

Le tue endorfine sono al minimo storico e quel sogno inizia pure a starti un poco antipatico.

Tu sei diventata tutta infertile, per quanto ti sforzi di continuare a vivere quel pensiero e ti illuda pure di riuscirci alla grande, in realtà quel ritornello fisso in testa ti limita in ogni passo tu voglia fare.

No, no es amor

Lo que tú sientes se llama obsesión

Una ilusión en tu pensamiento

Que te hace hacer cosas

Así funciona el corazón

Ogni decisione ruota intorno alla procreazione. Anche un cazzo week end fuori porta va organizzato come una missione della NASA. Potrebbe coincidere con l’arrivo del ciclo che implica l’inizio della stimolazione o con il post transfer e allora sarà il caso di svagarsi o mi faranno male? O con checcazzo scegliete voi che ce n’è a bizzeffe di ragioni validissime per rovinarci anche questo viaggino.

Il fatto, care compagne di sventura, è che questa infertilità di pancia e di cuore, che ormai ci ha caratterizzato per anni, se ne resta lì anche dopo che il sogno si è avverato.

Hai il tuo bimbo e, all’improvviso, tutto quel gran da fare che avevi a incastrare e organizzare e metterti continuamente alla prova, pouff, svanisce.

E tu vacilli perché non sai più tanto chi sei. Tu, ormai, eri quella cosa lì. Lo sei stata per anni. E adesso ti devi ritrovare.

E farlo con un esserino che dipende in tutto da te può non essere proprio facile.

L’infertilità è un’erbaccia infestante e inestirpabile nel prato verde della nostra vita.

No, no es amor

Lo que tú sientes se llama obsesión

Una…

E Mò basta però eh!

Ma ‘ste creature non si dovevano trovare sotto ai cavoli? Mannaggia a loro, mannaggia.

Pensi che sia una buona idea andare all’ikea?

Domenica.
Il tempo è grigio e l’umidità ti arriccia e increspa i capelli e anche l’umore.
La prossima settimana hai la visita per programmare il criotransfer della tua unica e sola blasto e stai aspettando l’esito della biopsia endometriale.
Che non sia la giornata giusta per andare all’Ikea dovresti sospettarlo, ma abbiamo rinviato troppo a lungo e ora ci tocca.
Lo so che mi innervosirò per tutta quella gente che si ammucchia lì giusto per comprare due candele alla vaniglia, le polpette e il salmone affumicato.
E poi c’è il percorso obbligato che, proprio prima della discesa al settore cucina/bagno/tessuti/cosette imperdibili, non ti risparmia il reparto dei piccoli.
E io, il reparto dei piccoli, ogni tanto, lo soffro.
Lo patisco come patisco le curve della Serravalle, per capirci.
Io lo attraverso veloce veloce, a testa bassa e, anche quando c’è il pienone, io mi faccio anguilla e scivolo rapida verso le scale.
Ma nella mia corsa io intravedo tutto. Intravedo le culle, i lenzuolini colorati e tutte quelle stronzatine adorabili.
Mentre scivolo via a testa bassa io, quella cameretta, io me la immagino tutta. E sarebbe così bella. Bella davvero.
Ma questa volta mi trovo davanti un brontosauro che pende dal soffitto e ha gli occhi che ridono. E io mi fermo e gli sorrido.
Fede mi dice Dai, portiamolo a casa.
E io attraverso tutta quella strada antipatica con un dinosauro felice sottobraccio.
È un tantino surreale, ho quarantaquattro anni, sogno una gravidanza e ho appena comprato un dinosauro strampalato e mi sento così leggera, nonostante… nonostante.

“Prendete la vita con leggerezza, che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore.”
Italo Calvino

Memorie della mia terza pma – giorno 22 – it rains.

Prima di iniziare a tenere questo diario mi sono posta molti interrogativi.

Sarà il caso di condividere un percorso così intimo? A qualcuno potrà interessare l’ennesimo resoconto di una pma? Ma soprattutto mi sono chiesta, se poi l’esito sarà negativo, come riuscirò a portarlo fino all’epilogo?

Poi mi sono detta che durante la pma si naviga a vista, ed è questa la cosa più spiazzante, non puoi sapere nulla di quello che succederà il giorno dopo, devi viverla finchè, per un motivo o per l’altro, il percorso non si arresta. Quindi anche un diario della pma sarà così, con cose allegre e cose meno allegre.

In ogni caso, come si racconta un esito negativo? Io provo a farlo così.

Ieri pioveva forte a Genova, qui l’autunno è così, macaja e allerta alluvione che si alternano a giornate di tramontana che spazza via tutto il grigio per lasciarsi dietro un cielo azzurro che più azzurro di così c’erano solo gli occhi di mio nonno Gianni. Pioveva forte e io sono uscita di casa per andare in studio. È il 10 pt, mi sono detta, ho in casa un test clearblue superdigitale che potrei azzardare a fare, ma resisto. Vado a lavorare sotto la pioggia, poi il pranzo con un’amica, i clienti da ricevere, e mi dimentico di stare aspettando di sapere la verità.

Non è vero, non me ne dimentico proprio per niente.

Scendendo dalla mattonata inerpicata dove vivo vedo qualcosa che luccica contro un muraglione, mi avvicino, è un giochino per bimbi piccini piccini, una mucca con uno specchietto finto e una nuvoletta rossa in plastica morbida da sbavusciare con le gengive sdentate. Questo è un segno bello e buono. Questo giochino lo ha lasciato cadere una mano cicciuta di qualche nanerottolo per i miei nanerottoli che arriveranno.

A pranzo poi incontro una ragazza che non vedevo da almeno sei mesi e che ha il nome che vorrei dare alla mia bambina. Questo è un segno bello e buono.

Anche se piove io ci vedo a colori e mi dico, ok, il tuo sesto senso fa schifo, non senti nulla di nulla, nemmeno una sensazione lontana, ma questi che ti si sono manifestati sono dei segni belli e buoni. Credici.

Io e il mio compagno ceniamo fuori che è venerdì sera e una settimana che finisce va sempre festeggiata. Pizza, farinata e focaccia al formaggio. La fiera del carboidrato, la gioia delle papille gustative, erano mesi che me ne ero privata in funzione della pma. E ci metto pure una birretta piccolina sperando sia l’ultima dei prossimi nove mesi.

Alle quattro del mattino occhio sbarrato sul soffitto. Il carboidrato reclama acqua e bicarbonato, dallo stomaco alla gola è uno scorrere di lava bollente. Mi sento tipo un drago sputafuoco, cerco di non aprire la bocca per non incenerire i gatti che mi stanno addosso.

Corro in cucina, e lì il lampo di genio! Faccio il test.

Mi dimentico della sete, del bruciore di stomaco, mi dimentico di essere una Donna pensante e raziocinante. Con la camminata di dead man walking mi dirigo vero il bagno. Scarto il test come contenesse esplosivo. Mi siedo sulla tazza.

Mentre la clessidra sullo schermo digitale sottolinea lo scorrere dei secondi, intorno a me è tutto un silenzio interrotto dal tum tum dei battiti del mio cuore.

Non incinta.

Richiudo test e confezione nel cassetto. Come se nulla fosse successo. Come un bimbo che nasconde qualcosa di prezioso che ha rotto. Torno a letto, faccio la cucchiaietta e mi appiccico al mio compagno e invidio il suo sonno profondo e inconsapevole.

Mi addormento, è un sonno senza sogni.

Il risveglio non è così brutto, piango, un po’, e, buffo dirlo, mi sento come se avessi posato un sacco pieno di pietre che mi portavo addosso senza nemmeno saperlo.

Anche oggi piove e, per ora, non riesco a vedere nessun segnale all’orizzonte. Tra due giorni andrò a dosare le Beta, continuerò a gonfiarmi di progesterone e poi questo ciclo finirà.

Quando sarà il momento tornerò al centro a prendere il mio tesoretto congelato.

Ma adesso bisogna riposare.

E far finire quest’anno brutto brutto.

Voglio un cazzo di capodanno col botto, sia ben chiaro.

Ecco, io, il mio negativo, ve lo racconto così.

è un mondo difficile, felicità a momenti e futuro incerto ❤

Memorie della mia terza pma – giorno 20 – il lato oscuro.

La crisi nel post transfer è come il Natale nella pubblicità della Motta di Pozzetto.

Quando arriva, arriva.

Oggi, all’ottavo giorno post transfer, mi sono svegliata con una depressione cosmica che in confronto Giacomino Leopardi era un mattacchione.

Ma una tristezza, una tristezza di quelle profondissime, senza via d’uscita, una tristezza così triste che non solo ti fa sentire inutile e senza uno scopo al mondo, ma che ti convince proprio di essere più inutile di un moscerino della frutta.

L’associazione è immediata: questa è sindrome premestruale bella e buona.

Corro in bagno, estraggo il bugiardino dalla scatola del progesterone e tra i vari effetti collaterali leggo:

Disordini psichiatrici: Depressione, Insonnia, Nervosismo.

Celo, celo, celo. Non me ne manca nessuno.

Dedico una preghiera al Sacro Bugiardino e cerco di distrarmi, ora mi vesto e scendo in studio, c’è un bel sole caldo che pare giugno, una bella passeggiata e tutto mi sorriderà… – TI RICORDI CHE OGGI ARRIVA LA CONSEGNA DI AMAZON? MI HAI DETTO CHE POTEVI LAVORARE ANCHE DA CASA, TI RICORDI? – mi urla il mio compagno dall’altra stanza.

Primo: non si urla da una parte all’altra della casa! Secondo: NO! NON ME LO RICORDAVO! UFFA! – e faccio il broncio con tanto di braccia incrociate.

Così eccomi qui, agli arresti domiciliari con me stessa, io che in questo momento ho il solo desiderio di distrarmi da questo corpo che mi manda mille e nessun segnale, da questo corpo che in questo anno ho forzato così tanto, per tre volte consecutive. Vorrei lasciare lui in casa, a riposarsi da tutte le stimolazioni e i bombardamenti ormonali, a riprendere fiato e lasciar uscire questa mente zoppicante che misteriosamente, con un bastone da un lato e una mano appoggiata alla spalla del mio compagno dall’altro, riesce ancora a stare in piedi.

Ora mi metto a lavorare e giuro che non passerò la giornata a strizzarmi le tette, in modalità Cicciolina degli anni d’oro, per sentire se fanno male, non passerò la giornata ad ascoltare la mia pancia manco fosse l’oracolo di Delfi. No, no e no.

Ok. Ora scrivo il blog e poi mi metto a lavorare.

È la paura che ti frega. Il Maestro Yoda lo diceva che “La paura è la via per il Lato Oscuro” e nel lato oscuro non ci sono mica abat jour che ti illuminano il cammino. Bisogna essere forti e non lasciarsi attrarre.

La paura è normale che faccia capolino, nel mio caso, per esempio, la scorsa stimolazione si è conclusa alla decima settimana di gravidanza. E questo ti fa tremare le ginocchiette come se ballassi il twist, ti fa pensare tanti pensieri negativi che ognuna di noi tiene a distanza come meglio riesce. E, se tutte noi, nonostante tutto, andiamo avanti, significa che il desiderio è più forte della paura.

Non amo il termine guerriere, mi sembra poco rispettoso, le donne guerriere che in questi giorni abbiamo sotto agli occhi sono le partigiane curde, loro sì che sono cazzute. Io, però, credo che le donne che lottano per avere un figlio, siano semplicemente Donne, e credo fermamente che tutte le donne hanno risorse infinite e se si mettono in testa di raggiungere un obiettivo fanno qualsiasi cosa per arrivarci, e, soprattutto, riescono a far fare qualsiasi cosa anche ai propri compagni che le seguono come segugi rassegnati.

Ok. Sono una Donna, non sono una santa, canticchia la Rosanna Fratello che è in me. Posso farcela anche questa volta, con qualche inciampo qua e là, ma posso farcela.

In fondo devo solo aspettare ancora 4 cazzo di giorni, 96 ore per trascinarmi a fare il prelievo e scoprire com’è andata.

Che poi se il giorno delle Beta cade di domenica le ore diventano 120 e io dico che si è pure legittimati a farlo un testino di gravidanza di nascosto.

Se qualcuno mi volesse passare a trovare e a distrarre un po’ (anche in questo le Donne sono imbattibili) mi scriva che spammo con gioia il mio indirizzo!

Jin, jiyan, azadî!
(Donna, vita, libertà)

Jin, jiyan, azadî!
(Donna, vita, libertà)


Memorie della mia terza pma – giorni 14 – 19 – un tram che si chiama desiderio.

I primi sei giorni di post transfer se ne sono volati via.

Chi si approccia per la prima volta al meraviglioso mondo della PMA si chiederà di sicuro Ma coma cazzerola si fa a sopravvivere all’ansia di quei 12 giorni dal trasferimento degli embrioncini, o blastocisti che siano, fino al dosaggio delle Beta?

Chi si è già approcciato al mondo della PMA continua a chiedersi Ma come cazzerola si fa a sopravvivere all’ansia di quei 12 giorni dal trasferimento degli embrioncini, o blastocisti che siano, fino al dosaggio delle Beta?

Il post transfer può diventare il nostro peggior nemico. Angosce e perplessità della più svariata specie e origine ti assalgono giorno e notte. Anche le menti più razionali rischiano di crollare. Ogni impercettibile doloretto al basso ventre viene analizzato che manco i NAS e diviene oggetto di ricerche forsennate sul web che, puntualmente, ti portano a forum dove altre aspiranti mamme in stato di cieco delirio cercano risposte.

Fai la pipì troppo gialla? È sicuramente indice di attecchimento dell’embrione, secondo l’autorevole opinione di Bruna87 di Sassari. A parere di JinnyTommy94 in base all’esperienza di un’amica di un’amica di sua cugina se senti un crampetto all’ovaio sinistro tra le quattro e le cinque del mattino sei sicuramente incinta. Annarella di Voghera, invece, giura che il suo positivo è dipeso esclusivamente dall’aver ricevuto, in sogno, la visita della nonna Cesira che con la sola imposizione delle mani sul suo grembo ha fatto attecchire i due embrioncini, che erano pure di classe B.

Al mio terzo transfer posso dire che appellandoci a quella briciola di sanità mentale che ci rimane dopo la stimolazione e il pick up e la telefonata per sapere se il transfer si farà, si può sopravvivere con dignità al post transfer. Bastano piccoli accorgimenti:

  1. ricordiamo sempre a noi stesse che con il transfer da fresco è normale avere, da subito, dolori alle ovaie e alle zone limitrofe. Le nostre ovaie sono costellate da enormi buchi neri, sono ingrossate al limite della loro capacità. Beviamo tanto e smaltiamo la terapia e non consideriamoli;
  2. dal giorno del pick up abbiamo iniziato a prendere almeno tre ovuli di progesterone da 200 mg l’uno al giorno. Nella scatola del progesterone c’è un libretto esplicativo, il comunemente detto “bugiardino”. Leggiamolo. Tutto. Lì vengono svelati, tipo oracolo, tutti gli effetti collaterali che questo ormone produce. E teniamoli bene a mente quando sentiamo i famosi doloretti, quando abbiamo o non abbiamo la nausea, quando abbiamo o non abbiamo il seno ingrossato e dolente, quando abbiamo già il super olfatto. Tutto quello che proviamo è falsato dal progesterone. Rietiamo insieme: è falsato dal progesterone;
  3. i primi giorni di una gravidanza naturale non si sente pressoché nulla, Nel post transfer noi siamo in ascolto iperamplificato di noi stesse e ogni cosa che ci accade la riconduciamo al fallito impianto. Quando succede fermiamoci, respiriamo, ricordiamoci dei punti 1 e 2 e occupiamo subito la mente con qualsiasi cosa. Ho testato che, a volte, è sufficiente infilarsi le cuffiette e sentire una canzone, l’ascolto si sposta e il doloretto che abbiamo percepito passa come per magia;
  4. arrivate a questo punto non c’è nulla che possiamo fare per capovolgere l’esito del transfer. Non colpevolizziamoci, non facciamolo soprattutto prima dell’esito delle Beta. L’unica cosa che possiamo fare è prenderci cura di noi stesse, non fare sforzi eccessivi, non fare gare a chi beve più pinte di birra in dieci minuti, non mangiare cose crude che si muovono ancora. Per il il resto, que será será;
  5. se proprio ci scappa di fare un test di gravidanza prima del dosaggio delle Beta teniamo ben presente che alcune punture potrebbero darci un falso positivo (ad esempio Clomid, Ovitrelle, Gonasi, Profasi) pertanto dobbiamo aspettare fino al giorno prima rispetto a quello previsto per il dosaggio delle Beta. Teniamo poi ben presente che la famigerata biochimica (una gravidanza che è iniziata ma che si è interrotta prestissimo, entro la quinta settimana) viene rilevata dal test di gravidanza, dandoci un esito positivo e illudendoci di avercela fatta per poi scoprire dalle Beta che non è andata. Quindi sì al test se siamo in grado di gestirlo con cruda oggettività. No al test se ci sentiamo troppo fragili e in balia delle emozioni;
  6. facciamo una vita normale, usciamo, andiamo a lavorare, vediamo gli amici. Viviamo. Non siamo malate (a meno che non ci succeda effettivamente qualcosa). Dobbiamo ricordarci che nei giorni del post transfer potremmo potenzialmente essere incinta, dobbiamo goderci questo momento, per il quale abbiamo superato mille strade strette costellate di cacche di cane, non mettiamoci pensieri negativi, non ne abbiamo bisogno.

Ovviamente anche a questo giro mi sono trovata a digitare sulla pagina iniziale di google “seno sgonfio 5 pt”, ma non ho schiacciato il pulsante ricerca. Sto migliorando.

La cosa che più mi destabilizza nel post transfer è il non poter usare la mia vespetta e dipendere dai tram. Anche se devo confessare che, se togliamo gli odorini dell’umanità stipata e sudata, il mezzo pubblico ti può donare svariate gioie.

Oggi, per esempio, mi sono seduta accanto a un signore pazzerello che parlava tre sè e sè, mi guarda e inizia a cantare Meraviglioso, ma come non ti accorgi di quanto il mondo sia meraviglioso!

Mi guardo in giro sorridendo, laggiù in un posticino, tra la puzza di cane bagnato, di focaccia con le cipolle, di aliti mattutini e di ascelle condite, c’è un bimbo con i capelli rossi e le lentiggini che ride forte e schiaccia il naso della sua mamma con l’indice cicciotto.

È proprio vero, se lo guardiamo bene il mondo sa essere davvero meraviglioso.

sul mio tram Marlon non l’ho visto, ma ho trovato comunque qualcosa di meraviglioso ❤

Memorie della mia terza pma – giorno 7 – pulp ma non fiction.

Ho appena fatto la settima puntura, che se poi contiamo le due siringotte di Orgalutran sarebbe la nona puntura.

Il settimo ago proprio non voleva saperne di bucare la pelle. Presa dall’echeccazzo succede? Mi è venuta la pelle della pancia a mò di carapace di tartaruga a furia di farci buchini? ho iniziato a infilzarmi a ripetizione, aumentando via via la forza di lancio. Niente. Alla fine ci ho messo la forza di Vincent Vega che trafigge lo sterno della meravigliosa Mia Wallace in overdose… è andata.

Oggi mi sono persa almeno tre volte, non riuscivo proprio a raggiungere il punto B partendo dal punto A, una strada che conosco e ho già fatto, ma hanno cambiato il senso di percorrenza di un ponte e io sono andata nel pallone. Mi sono trovata in un quartiere ignoto inscatolata dentro la mia piccola aygo con il pupazzo di Cartman che mi fissava beffardo.

E lì ha fatto capolino l’effetto dell’ormone, credo per la prima volta da quando sono entrata nel pianeta pma, ho perso totalmente il controllo, ho chiamato il mio compagno sul lavoro e ho iniziato a urlare Mi sono persa! Mi sono persa! Mi sono persa!

Non so come ci sia riuscito ma parlandomi e dicendomi scemenze dall’altro lato del telefono (su Fermati e mangiati un bombolone! ho riso, isterica) piano piano, mi sono calmata e mi sono ritrovata e mi sono resa conto che un filotto di vecchietti seduti al baretto dello sport mi stava guardando con una certa apprensione.

Esco dall’impasse e riesco a raggiungere prima della chiusura anche la farmacia della ASL per ritirare l’ultima scatola di ormone che probabilmente non servirà.

Domani secondo monitoraggio, alle 10.00, ho controllato.

Chiederò al dottore se ci sono correlazioni tra terapia e perdita dell’orientamento, chiederò se è normale sentirsi un po’ perdute e sole, terribilmente sole, anche se siamo in mezzo a una strada piena di gente. Chiederò se è normale, anche se solo per un attimo, urlare forte e sputare via un po’ di rabbia, e, subito dopo sorridere di queste debolezze e ritrovare la strada che strillavamo di aver perduto.

Io non lo so più cosa sia normale e cosa no, ma adesso so che mi sento di nuovo in bolla, e tanto mi basta.

Eccomi alle prese con la settima punturina ❤

Memorie della mia terza pma – giorno 6 – Colpi di scema.

Il sesto giorno è un film di avventura, di quelli che ti incollano alla poltrona, con colpi di scema e corse in auto rocambolesche.

Sono le cinque del mattino e suona l’i-phone, scanso una gamba del mio compagno, un gatto, due gatti, e corro a prepararmi: oggi mi aspetta il primo monitoraggio e non devo fare tardi.

Dopo cinquanta minuti riesco a uscire di casa (la velocità prima dell’alba è un po’ quella che è) e riesco pure ad accendere il mio scassatissimo px che scoreggiando come Bud Spencer dopo svariate mestolate di fagioli mi porta fino a casa di mia madre.

È ancora buio buio e nelle strade del centro città spicca solo la vecchia insegna dell’UPIM tutta argentata, accesa per chi non si sa, dato che ci sono solo io, ferma al semaforo, con il sorriso ebete e il naso che annusa e lo sguardo che rotea e cerca di imprimere nella testa, o nel cuore, i colori e gli odori di questo momento.

Forse questa mattina quell’insegna brilla un po’ proprio per me.

Quella santa donna di mia madre è già nel portone che mi aspetta, biondissima e rintronatissima dal sonno. Prendiamo la macchina e via, si parte.

Superata la barriera di Milano si tappa tutto. Millemila autoveicoli e motoveicoli procedono a passo di formichina, ma io sono serena, siamo partite presto e abbiamo un ottimo margine, entro le 10.00 sarò a fare l’ecografia con gli esami del sangue già fatti.

Ed è proprio così, nonostante le code in ogni dove, riusciamo ad arrivare in orario. Faccio gli esami del sangue in un lampo e mentre l’infermiera mi dice stringa il pugno, molli il pugno le dico

– Ah sì, ora mi faccio una bella colazione!

– Ma guardi che poteva anche mangiare, non serve mica stare a digiuno per i dosaggi ormonali.

– …

Ho guidato tre ore e dieci in mezzo al traffico di questa Brianza velenosa lottando contro la fame e l’alito di Satana senza rendermi conto nemmeno per un secondo che le precedenti due stimolazioni ho sempre mangiato prima dei prelievi e senza tenere conto che sul foglio di prescrizione delle analisi c’era proprio scritto “non serve presentarsi a digiuno”…
Pazienza. Sono sbadata. Fa pazienza.

Con una buona mezz’ora di anticipo io e madre ci collochiamo nella sala d’attesa dei monitoraggi.

Disquisendo con le presenti sul Scusi lei che numero ha, Scusi e lei a che ora ha appuntamento? guardo, per la prima volta davvero, il foglio di prenotazione della visita che il dottore mi aveva consegnato dicendomi venga per le dieci, e scopro che la mia eco è fissata alle 11.00.

Pazienza. Sono sbadata. Fa pazienza.

Non so se dirlo a madre o rischiare che lo scopra da sola… confesso la seconda demenzialità della mattinata, e sono solo le 9.30, chissà cosa può ancora succedere.

Tutti questi momenti da bionda mi distraggono dall’ansia del monitoraggio, ma poi penso che forse questi momenti da bionda sono essi stessi l’ansia del monitoraggio.

Alle 11.30 finalmente tocca a me.

Mi siedo sul lettino ginecologico con la scioltezza dell’uomo bicentenario e la dottoressa che non conosco inizia con l’ecografia e scruta, guarda e rimira, e rigira che ti rigira l’ecografo, io allungo il collo che nemmeno Mister Fantastic e vedo svariati buchi neri nelle ovaie. E timidamente chiedo Allora? Follicoli ne abbiamo?

Il mio tentativo di carpire numeri e dimensioni cade miseramente nel cestino dell’umido.

Ottengo solo un Sì sì, ce ne sono!

Poi vengo cazziata da un’infermiera burbera peggio di Suor Gray perchè non ho inviato un pezzo di documentazione medica che mancava. Arriva pure il Mio Dottore del cuore.

La dottoressa sconosciuta gli mostra l’eco e gli dice, abbiamo un diciotto! Ah sì sì, vedo! – dice lui – Dobbiamo fare subito l’antagonista!

Mi sento molto Tom Cruise – Ethan Hunt in Mission Impossible, alle prese con il virus letale Chimera e l’antidoto Bellerofonte.

In poche parole, la situazione è questa: abbiamo un po’ di follicoli, non si sa quanti ma abbastanza per non demoralizzarmi, uno ha già la dimensione ragguardevole di 18 mm. Il follicolo frettoloso è già bello che pronto a essere pickuppato, ma gli altri no, pertanto mi stanno dicendo che devo correre di corsissima a casa e iniettarmi l’Orgalutran, il Bellerofonte che fermerà la Chimera, permettendo agli altri follicoli di crescere fino al punto giusto senza che io ovuli naturalmente.

Mi congedo, non prima di aver ritentato di capire quanti sono i follicoli e chiudo la porta dello studio senza aver ottenuto un numero, solo l’ennesimo Sì! Sì! Ce ne sono!

Chiamo a rapporto madre, Forza corriamo a casa!

Il santo navigatore google ci porta a casa in due ore e ventun minuti. La tangeziale è sgombra, l’autostrada pure. Sulla Serravalle do il meglio di me stessa e madre sfoggia, curva a gomito dopo curva a gomito, un colorito che va dal giallognolo al verde acido toccando sfumature mai viste. E la Pantone muta!

Alle 15.36 mi pungo la panza con l’antagonista e l’ovulazione è bloccata.

Mi spatascio sul divano, le ovaie tirano e mi sale una allegra nausea che non capisco se dipenda dalla terapia o dalla giornata assurda che sto vivendo.

Tra due giorni altro monitoraggio. Che dite, a sto giro faccio colazione e controllo tutto per bene la sera prima? E, nel dubbio, mi porto dietro un po’ di Bellerofonte?

No ma, com’è che ti dicono? Tu non ti stressare, stai tranquillina tranquillina che agitarti ti fa male…

Volevo concludere con me cojoni, ma mi pareva un tantinello volgaruccio…

E anche la sesta puntura è fatta.

Eccomi in versione Ethan Hunt alle prese con le punture contenti l’antagonista ❤

Memorie della mia terza pma – giorno 4 – nemiciamici.

Oggi è arrivato un po’ di mal di testa. Ma dato che io e il mal di testa ci teniamo compagnia da più di ventanni, faccio finta che sia il mio fedele amico a essermi passato a trovare e che non sia la terapia.

Ho scritto un messaggio e mandato bacini a una ragazza che sta affrontando, di nuovo, questo percorso e domani farà il prelievo ovocitario. Mi ha risposto con un vocale che mi ha fatto rabbrividire tutta la pelle, dai talloni alla nuca, andata e ritorno.

L’ansia, la paura e lo sconforto arrivano anche a chi è sempre forte, a chi è sempre pronto a trovare parole di conforto e sostegno per le altre. Siamo così fragili. Fragili e fortissime.

La pma è una grandissima alleata ma può diventare anche un’odiosissima nemica, una nemica subdola che ti va a toccare i nervi più delicati, una di quelle che un attimo prima ti adora e ti chiama ogni cinque minuti, Amore, Tesoro e un attimo dopo, senza motivo, inizia a sputtanarti in giro dicendo un sacco di falsità sul tuo conto. Una di quelle che sa che stai male ma non ti manda nemmeno un messaggetto, per capirci.

La pma si affronta sempre con speranza, pur sapendo che noi siamo quello che siamo, che il nostro partner è quello che è. Che la nostra riserva ovocitaria non è proprio super o che la nostra età ha superato la terribile barriera degli anta.

E se funzionerà o meno lo si scopre solo strada facendo. Lo si scopre durante il monitoraggio, lo si scopre con l’esito dei dosaggi di progesterone ed estradiolo, lo si scopre quando il medico, o l’infermiera entra in stanza per relazionarci sull’esito del pick up, lo si scopre quando il biologo telefona per dirci com’è andata la fertilizzazione.

La pma è un percorso a ostacoli su un terreno cosparso di carboni ardenti. E tu sei lì che li superi uno alla volta, scalza.

E perché la fai, se è così tremenda? Mi sono sentita chiedere.

Perchè l’alternativa sarebbe convivere con il rimpianto di non aver fatto abbastanza.

E siccome le convivenze non sono cosa facile, ecco, diciamo che non voglio scomode coinquiline che mi facciano intristire o piangere ogni due per tre. Io voglio essere felice, e se per farlo devo passare anche attraverso tutto questo, io stringo i pugni, i denti e tutto quello che c’è da stringere, e ci passo.

E poi, se arriverà il momento di dire basta, sarà solo quando io capirò che proprio non c’è nessuna possibilità, o quando sarò pronta e consapevole di voler abbracciare una diversa concezione di maternità.

Per adesso la mia strada è questa, e stasera si affronta la quarta punturina.

i nemiciamici più famosi del mondo ❤

Memorie della mia terza pma – giorno 3 – la forza dell’ormone.

Ieri sera era venerdì sera, e come tutti i venerdì sera io e il mio compagno eravamo stanchi tipo Forrest Gump dopo aver corso 3 anni, 2 mesi, 14 giorni e 16 ore.

Dopo una cena sana sanissima abbiamo preparato la seconda puntura, devo ancora specializzarmi nel travaso liquido – polverina – altra polverina, mi lascio sempre indietro qualche goccia che proprio non vuole farsi risucchiare.

Tralasciando l’urlo di Tarzan che mi è scappato quando, per eliminare una micro bollicina d’aria, ho spruzzato nell’aire un poco di preziosissimo ormone, direi che non ci possiamo lamentare. Seconda cazzo punturina archiviata.

Finalmente sul divano. Ci riguardiamo Breaking Bed che fra poco esce il film e urge un ripasso, e mentre Walter e Jesse si urlano la qualunque io inizio a sentire che le ovaie se la tirano un po’.

Il mio tovarišč ha appuntamento telefonico con l’andrologo lunedì ma non si è più lamentato, quindi credo che il suo fastidio fosse solo una botta di ipocondria passeggera condita con un’ombra di ansia da prestazione. In ogni caso un controllino fuori tempo massimo non fa mai male, ci regala quel pizzico di suspence al quale non sappiamo proprio rinunciare.

Mi sveglio, dopo un sonno melatoninico, con l’energia di sette Mastro Lindo.

Sarà l’ormone? Saranno gli integratori e gli anti ossidanti che dopo tre mesi iniziano a farsi sentire?

Io non lo so, so solo che sono entrata in modalità wonder woman, una piroetta e via, mi ritrovo in pantaloncini azzurri a stelle e bustino rosso con la tetta dorata e in men che non si dica rivolto casa, sollevo i mobili e pulisco qualsiasi superficie (solo ed esclusivamente con prodotti naturali, certificati, sarà estremista, ma oltre a proteggere l’ambiente evitano di contaminarci e la fertilità ringrazia). Acchiappo e lavo pure uno dei due gatti che girano per casa, ottenendo in cambio un bel graffio orizzontale sulla pancia, accanto ai buchini delle prime due punture, per capirci ora la mia pancia sembra l’evergreen “unisci i puntini” della settimana enigmistica.

Quindi, per ora, tutto tranquillo, nessun effetto collaterale preoccupante, se tralasciamo i super poteri, inizio, senza fretta che arrivi troppo presto, il conto alla rovescia per il primo monitoraggio di martedì prossimo e me ne vado un po’ sul mare che, tra una nuvole e l’altra, spunta fuori un bel sole caldo.

E ogni tanto spariamocela una Power Pose e pensiamo a quanta forza abbiamo dentro ❤

Memorie della mia terza pma – giorno 2 – la trama si infittisce.

Qualche giorno fa, mia nipote, una peste pestifera di otto anni, tutta pepe, con manie compulsivo ossessive nei confronti dello slime, tenta disperatamente di infilarsi un paio di rollerblade di Hello Kitty di quando aveva cinque anni.

“Ali, sono piccoli ormai, lascia stare, metti gli altri, quelli li regaliamo a qualche bimbo più piccino”, dice la nonna, cercando di farla ragionare.

Alice si alza, ripone i pattini per bene e mi corre incontro.

Mi mette sulla pancia una manina umidiccia e appiccicosa di chissà cosa aveva tucchignato “Zia fammi sentire se ti sta crescendo la pancia” e mi guarda con gli occhioni più dolci che possiate immaginare.

Ecco, potrei dirvi che ieri sera, mentre mi bucavo la pancia con la prima puntura di questo nuovo ciclo di pma, pensassi forte a lei.

Oggi tantissimi bambini e ragazzi stanno riempiendo le piazze, chiedendo forte agli adulti di ascoltarli perché il loro futuro è in pericolo e sono bellissimi così arrabbiati e pieni di ideali e di speranza, nonostante tutto. Mi fanno diventare gli occhi tutti annacquati.

Ecco, potrei dirvi che ieri sera, mentre vedevo il liquido della siringa entrarmi sottopelle, pensassi se questa sia la scelta giusta, se insistere così nella ricerca di un figlio abbia senso, quale eredità lasceremo ai nostri bimbi?

Potrei scrivere cento altri pensieri, alti e ispirati, che sarebbe stato opportuno fare.

La verità è che l’unica cosa che ho saputo fare quando mi sono ritrovata con quella cazzo di siringhetta in mano, è stata rivolgermi direttamente e solo a lei, alla siringhetta “Ma guarda un po’ chi si rivede! Ma ciao brutta stronzetta!”.

E poi via, uno, due e tre e la prima puntura è andata, nessun bruciore, niente di niente (che poi quando pungendomi non sento proprio niente mi metto a controllare se l’abbia effettivamente fatta, l’iniezione, o se il liquido sia, che so io, evaporato misteriosamente in forza di chissà quale fenomeno chimico-fisico).
Poi mi sono presa una bella dose di melatonina (consigliata durante la stimolazione per migliorare la qualità ovocitaria – tante fondamentali indicazioni sugli integratori da prendere le trovate nel testo Comincia tutto dall’uovo: Come la scienza della qualità degli ovuli può aiutare la tua fertilità per concepire con la fecondazione in vitro o naturale di Rebecca Fett -) e sono piombata in un sonno da elefante, senza pensieri.

Questa mattina mi alzo bella pimpante e canticchiando me ne vado in bagno. Il mio compagno mi boffonchia qualcosa da dietro la porta, apro tutta sorrisi e lui mi fa, sai, non è che mi senta benissimo, sento fastidio, tipo un indolenzimento, là sotto, insomma non mi sembra una cosa normale.

“COSA?”

Alla terza ripetizione bella scandita prendo atto non solo del problema ma anche del fatto che questa cosa della pma mica la fai da sola, qui bisogna stare bene in due perchè funzioni tutto a dovere. Mi ero talmente concentrata sul mio essere rilassata, zero ansiosa, e super positiva che pensavo a posto io, a posto tutto. E invece no, porca puzza.

Ho perso il controllo per circa due minuti in cui ho balbettato non saprei dire cosa. Poi ho respirato e dopo aver ritrovato la lucidità abbiamo convenuto che per sicurezza oggi chiamiamo l’andrologo.

Andrà tutto bene. Andrà tutto bene. Andrà tutto bene… OMMMMM…

Una cosa è certa: dalla narrazione leggiadra stile commedia anni ’90 al thriller è un attimo velocissimissimo.

La fottutissima siringhetta su tovaglietta verde speranzosa ❤